Pohlia nutans

Autore e foto: Giulio Pandeli

Tempo di lettura: 10 minuti

Introduzione

La straordinaria diversità di muschi ed epatiche che riscontriamo ogni giorno sulla superficie dei nostri vasi ci lascia spesso affascinati e con un incredibile senso di curiosità. Alcuni, dalle dimensioni  estremamente ridotte per l’occhio profano, possono risultare praticamente invisibili senza l’ausilio di una buona lente; altri, spesso piuttosto robusti, presentano alcuni comportamenti competitivi che tendono a sopraffare piccole drosere, dionee e semenzali a cui dedichiamo parte del nostro tempo. Queste particolari piante, assieme all’ulteriore classe delle antocerote, appartengono a quella divisione del regno vegetale a cui viene dato il nome di briofite (Bryophyta). Tali organismi, sprovvisti di veri e propri tessuti vascolari e di una lamina fogliare complessa, si sono evoluti con con dei particolari adattamenti che gli hanno consentito, ben 400-450 di milioni di anni fa, di risultare fra le prime piante a colonizzare con successo l’ambiente subaereo. Una conquista sicuramente ricca di compromessi, spesso accompagnata da diversi problemi e svantaggi a carico del loro ciclo vegetativo. Sono infatti dipendenti, specie nell’ambito della riproduzione, da condizioni idriche tali da permettere l’efficace trasferimento dei gameti maschili (spermatozoidi) da un fusticino maschile a uno femminile (gametofiti); solo in questo modo si svilupperà, partendo dall’embrione ospitato nell’archegonio, lo sporofito diploide (ovvero con corredo cromosomico doppio) portante le spore che daranno origine alla nuova generazione gametofitica.

Le briofite che possiamo osservare intorno a noi rivestono importanti ruoli ecologici in tutti gli ecosistemi terrestri non ricoperti dai ghiacci, costituendo talvolta la vegetazione dominante e/o caratterizzante di alcuni habitat. Basti pensare alle comunità rinvenibili presso dune costiere, foreste, praterie e rocce: esse costituiscono strati muscinali che contribuiscono alla protezione, germinazione e colonizzazione di piante superiori più esigenti. In altre occasioni, per esempio negli habitat di torbiera, peculiari specie appartenenti al genere Sphagnum (sfagni) danno origine a dei depositi torbosi che permettono lo stoccaggio di ingenti quantità di carbonio, oltre a permettere il deflusso lento delle acque meteoriche,  la permanenza di specie di flora specializzate (ericacee, piante carnivore) e la conservazione di resti fossili importantissimi per le ricostruzioni paleoambientali.

Come se non bastasse le briofite (assieme ad alghe e licheni) rappresentano importanti agenti di biodegradazione di costruzioni e altri manufatti antropici (edifici, fontane, monumenti) che possiamo incontrare ogni giorno nelle nostre città ed aree rurali.

Muschi ed epatiche comuni nei vasi delle piante carnivore.

Esulando dal  precedente excursus briologico di carattere prettamente generale, cominceremo adesso concentrarci sull’argomento oggetto da questo breve articolo, ovverosia le specie più facilmente rinvenibili nei vasi di piante carnivore con substrato torboso. Iniziamo quindi con Aulacomnium palustre (Hedw.) Schwaegr, una fra le specie più comuni ma anche (fortunatamente!) riconoscibili ad occhio nudo senza l’ausilio del microscopio, quasi sempre fondamentale nell’identificazione di queste particolari piante.

Muschi

Aulacomnium palustre (Hedw.) Schwaegr.

Rappresenta una specie facilmente riconoscibile per i caratteristici pseudopodi (prolungamenti filiformi del fusto) portanti propaguli. Oltre al peculiare metodo di riproduzione agamica, può produrre sporofiti nei mesi invernali e primaverili, provvedendo quindi alla dispersione di numerose spore che successivamente daranno origine ad altrettanti fusticini aploidi (gametofiti).

Aulacomnium palustre

Campylopus pyriformis (Schultz) Bridel

Questa specie si presenta con foglie lanceolate, sottili e flessuose, terminanti in una lunga punta subulata; le cellule inferiori ialine (trasparenti), proseguono per un certo tratto sulla lamina, fino a ricongiungersi con le cellule fotosintetiche e la larga nervatura mediana. Riproduzione agamica spesso presente grazie ai numerosi propaguli che si distaccano dal fusto.

Campylopus pyriformis

Pohlia nutans (Hedw.) Lindb.

Probabilmente una delle specie più vistose nel periodo invernale. Presenta generalmente un ciuffo apicale di foglie all’estremità dei fusticini (gametofiti) da cui si diparte un lungo sporofito con capsula da orizzontale a curvata.

Pohlia nutans

Polytrichum strictum Brid.

Specie caratteristica di zone umide e torbiere, vegetante solitamente sopra ai nuclei sfagno. Il particolare tomento biancastro sui fusti, presente anche negli esemplari più giovani, rappresenta un carattere che la rende facilmente riconoscibile anche in asssenza dell’ordinaria analisi microscopica.

Polytrichum strictum

Epatiche

Cephalozia connivens (Diks.) Lindb.

Piccola epatica fogliosa delle dimensioni di pochi mm, generalmente formante da dense colonie traslucide sulla superficie del substrato. Le minute foglioline, ben visibili con una lente, ricordano da vicino una chiave inglese con i lobi spesso incrociati (conniventi).

Cephalozia connivens

Riccardia chamedryfolia (With.) Grolle

Epatica tallosa spesso rinvenibile su superfici torbose. La specie ivi fotografata è stata prelevata da alcuni vasi all’interno di un terrario.

Riccardia chamedryfolia

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