Utricularia subulata: la pianta carnivora più temuta dai collezionisti

Autore e Foto: Luca Parolin
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Nel vasto e affascinante mondo delle piante carnivore, alcune specie affascinano per la loro rarità, altre per i loro meccanismi di cattura estremamente sofisticati, altre ancora… per la loro capacità di infestare un’intera collezione in poche settimane. È questo il caso di Utricularia subulata, forse la più temuta tra le “infestanti carnivore” dai coltivatori e collezionisti di Drosera, Dionaea e compagnia. Ma per capire perché questa piccola pianta è tanto discussa, è necessario partire dall’inizio: cos’è Utricularia, e perché è così unica?
Il mondo sorprendente delle Utricularia
Utricularia è il genere più vasto di piante carnivore attualmente conosciuto, appartenente alla famiglia delle Lentibulariaceae, insieme ai generi Genlisea e Pinguicula. Si contano tra le 120 e le 220 specie, distribuite su tutti i continenti tranne l’Antartide, con una concentrazione particolare nelle aree tropicali.
La caratteristica che rende le Utricularia inconfondibili è il loro sistema di trappole a suzione, chiamate utricoli. Queste vescicole microscopiche funzionano come minuscole pompe sottovuoto: quando una preda, come un protozoo o una larva acquatica, sfiora i peli sensibili posti all’ingresso dell’utricolo, la trappola si apre istantaneamente risucchiando l’acqua e la preda in una frazione di secondo. Un autentico capolavoro evolutivo, probabilmente il sistema di cattura più veloce e sofisticato del regno vegetale.
Queste trappole possono svilupparsi su tutte le parti vegetative della pianta – anche su stoloni e strutture fotosintetiche – e sono presenti in tutte le specie del genere, siano esse acquatiche, terrestri o epifite.
Le Utricularia sono piante dalle forme altamente modificate: non possiedono vere radici, né una netta distinzione tra foglie e fusto. Questa particolare organizzazione ha reso la loro classificazione difficile, e spesso controversa.
Dal punto di vista filogenetico, le Utricularia e le altre Lentibulariaceae erano in passato inserite tra le Scrophulariaceae, ma studi genetici più recenti – in particolare le analisi del sistema APG – le hanno ricollocate nell’ordine delle Lamiales, pur mantenendo una posizione isolata all’interno del gruppo per via di caratteristiche evolutive uniche.

Utricularia subulata: una pianta piccola, ma (molto) invadente
Utricularia subulata, descritta da Linneo nel 1753, è la specie più diffusa del genere e ha una distribuzione pantropicale: la si trova in tutto il continente americano (dal sud del Canada fino all’Argentina), in Africa tropicale e Madagascar, in Asia sud-orientale (Assam, Thailandia, Malesia, Borneo) e perfino in Australia settentrionale.
È una pianta erbacea annuale, molto piccola – raramente supera i 20 cm di altezza – che cresce in ambienti umidi e torbosi, anche in substrati molto superficiali o temporaneamente allagati. Predilige terreni poveri, acidi, spesso sabbiosi, ed è estremamente adattabile.
La parte vegetativa si sviluppa sotto la superficie del terreno, tramite stoloni sotterranei zigzaganti, dai quali si dipartono piccole foglie lineari e utricoli peduncolati del diametro di circa 0,2–0,5 mm. Gli stoloni sono responsabili della sua invasività: in coltivazione, possono espandersi rapidamente colonizzando interi vasi e arrivando perfino a fuoriuscire nei vasi vicini.

Il fiore (quasi) invisibile: cleistogamia e riproduzione
Una delle caratteristiche più peculiari – e problematiche – di Utricularia subulata è la sua riproduzione estremamente efficace. La pianta può riprodursi sessualmente, tramite fiori aperti (casmogami), oppure attraverso fiori cleistogami, ovvero chiusi, che si autoimpollinano senza mai aprirsi.
Questi fiori, lunghi meno di 5 mm, si sviluppano anche in condizioni ambientali sfavorevoli, permettendo alla pianta di produrre grandi quantità di semi minuscoli, simili a polvere, che si diffondono facilmente con il vento (disseminazione anemocora). Questo meccanismo garantisce alla pianta una riproduzione rapida e continua, spesso durante tutto l’anno.
Nei climi temperati, la pianta forma gemme sotterranee per superare l’inverno e fiorisce verso fine estate, mentre in zone subtropicali come la Florida può fiorire già in gennaio.
La cleistogamia, sebbene efficiente dal punto di vista energetico, limita la diversità genetica della specie. Tuttavia, in popolazioni distribuite su vaste aree – come nel caso di U. subulata – è stata osservata anche la presenza di fiori casmogami, che permettono impollinazione entomofila, soprattutto da parte di piccoli insetti come api o moscerini. Alcuni studiosi sospettano l’esistenza di taxa non ancora descritti, o addirittura di forme cripto-specie, strettamente legate alla cleistogamia.

Una minaccia silenziosa in coltivazione
Perché allora Utricularia subulata è tanto temuta dai collezionisti di piante carnivore?
Il problema è la sua natura infestante. Le sue minuscole dimensioni, la sua capacità di riprodursi attraverso semi invisibili e stoloni che si espandono sottoterra rendono questa pianta estremamente difficile da eradicare una volta insediatasi in un vaso.
Molti coltivatori segnalano l’apparizione improvvisa di piccole infiorescenze gialle tra le piante di Drosera o Dionaea, scoprendo troppo tardi che la pianta ha già colonizzato il substrato. Una volta presente, l’unica soluzione davvero efficace è eliminare tutto il terreno e sterilizzare il vaso. Alcuni coltivatori addirittura evitano di tenere questa pianta in collezione per timore che i suoi semi possano diffondersi ad altre specie.
Paradossalmente, Utricularia subulata non è una pianta aggressiva nei confronti delle altre carnivore: non compete per nutrienti, non ha un apparato radicale che sottrae risorse, e non produce sostanze allelopatiche. Tuttavia, il suo sviluppo rapido e invisibile, unito alla produzione massiva di semi cleistogami, la rende una vera ospite indesiderata nei vasi di piante rare o sensibili.

Curiosità botaniche e rilevanza scientifica
U. subulata è stata utilizzata in diversi studi genetici e sistematici. Fa parte di un genere, Utricularia, noto per avere genomi tra i più piccoli del mondo vegetale. Alcune specie del gruppo possiedono genomi talmente ridotti da avvicinarsi a quelli di certi batteri, con un’architettura genica estremamente dinamica, soggetta a mutazioni, trasposizioni ed eventi di duplicazione genomica.
In questo contesto, la straordinaria plasticità fenotipica di Utricularia – la sua capacità cioè di assumere forme diverse a seconda delle condizioni ambientali – è considerata una delle chiavi del suo successo evolutivo.
Inoltre, la particolare perdita di radici, un tratto condiviso con le affini Genlisea, è un esempio perfetto di adattamento a suoli poveri di nutrienti. La cattura delle prede e l’assimilazione di sostanze organiche ha permesso a queste piante di sostituire il tradizionale assorbimento radicale con una strategia carnivora altamente efficiente.

Conclusione: nemico o risorsa?
Se da un lato Utricularia subulata è giustamente temuta dai collezionisti per la sua capacità infestante, dall’altro resta una specie affascinante dal punto di vista botanico, evolutivo ed ecologico. È una delle piante carnivore più distribuite al mondo, una pioniera adattabile che sfrutta ogni possibile via per riprodursi e diffondersi.
Per chi coltiva piante rare o da esposizione, la sua presenza può essere un problema, ma per gli amanti della biodiversità vegetale, U. subulata resta una piccola meraviglia gialla che merita comunque rispetto.
Conoscere la sua biologia e il suo comportamento è il primo passo per conviverci – o per tenerla fuori dai propri vasi.
