Autore: Marcello Catalano
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Introduzione
L’Indocina è una regione geografica che include Thailandia, Cambogia, Laos e Vietnam. E’ caratterizzata dalla presenza di un clima monsonico, quindi da una stagione delle piogge e una stagione secca. Il genere Nepenthes è diffuso in tutto il sud-est asiatico, e alcune specie hanno colonizzato l’Indocina. Se le specie di Borneo, Malesia, Filippine, etc. sono abituate a un clima tropicale umido con piogge frequenti tutto l’anno, le specie indocinesi si sono dovute adattare a stagioni secche che, nei casi più estremi, le costringono a stare mesi senza una goccia d’acqua. Alcune specie affrontano il problema crescendo in terreni perennemente umidi o in zone molto piovose (ad esempio al confine tra Thailandia e Malesia).
Altre si sono adattate al clima secco e sviluppano radici tuberose per conservare l’acqua. E’ importante ricordare che, con l’eccezione di N. mirabilis, le specie indocinesi formano colonie monotipiche: su una montagna trovi la specie X e 50 km più in là, in pianura o su un’altra montagna, trovi la specie Y. Così, se avete la location, avrete un nome. Nepenthes mirabilis fa da jolly. Se una specie X cresce in pianura e nei pressi c’è un acquitrino, è probabile che ci sia anche un po’ di N. mirabilis e ibridi fra le due (rari)
In tassonomia, le specie indocinesi tuberose (anche chiamate pirofite, cioè adattate agli incendi) sono da sempre problematiche. Sono rare, poco appariscenti e molto simili fra loro. Di conseguenza, in pochi si sono presi il disturbo di cercarle, raccoglierle e studiarle. Spesso vengono citati come motivo di disinteresse anche i conflitti che ci sono stati nella regione indocinese, per non parlare delle mine antiuomo. Tuttavia, dopo molti anni sul campo, mi sono reso conto che questa scusa non regge. Nel resto del sud-est asiatico ci sono stati altrettanti conflitti ma ben più interesse verso le Nepenthaceae locali, probabilmente perché crescono ad ogni angolo e hanno ascidi grandi e vistosi.
Specie non pirofite
Sbrighiamo prima la parte semplice, le specie non pirofite. Trattasi di N. ampullaria, N. sanguinea, N. gracilis, N. benstonei, N. mirabilis, N. mirabilis var. globosa e N. orbiculata. Sulle prime tre, comuni in coltivazione da decenni, c’è ben poco da dire. Su N. benstonei possiamo puntualizzare un paio di cose: 1) le colonie thailandesi erano state descritte come la nuova specie N. thai, ma col passare del tempo è diventato ovvio che si tratta solo di N. benstonei; 2) a suo tempo inviai molti semi di N. benstonei thailandese ai vari vivai del mondo, e anni dopo ci si accorse che Borneo Exotics stava erroneamente vendendo N. bokorensis etichettata come N. thai, quindi nel caso controllate.
Con le ultime tre, N. mirabilis, N. mirabilis var. globosa e N. orbiculata, la questione si complica. Nepenthes mirabilis è la specie più diffusa del genere, arriva fino a Cina e Australia. Ama paludi e acquitrini, ma si adatta purchè un po’ d’acqua nel terreno ci sia sempre. In Australia si è evoluta nella variante descritta come N. rowaniae. Nella penisola thailandese – probabilmente per lo stesso motivo, il clima stagionale – si è evoluta in qualcosa di simile, con ascidi tozzi e rossi. Tutto lascia ormai pensare che in Thailandia le varianti tozze e rosse siano due, dalle province di Trang e Phang Nga (200 km di distanza tra le colonie delle due varianti). La variante di Phang Nga (pron. Pangà) era conosciuta in coltivazione fin dagli anni ’90 come N. Viking, soprannome improvvisato dal pescatore thailandese che le estirpava in natura per venderle un tanto al chilo.
Nel periodo 2004-2007, cercando prima negli erbari e poi in natura, sono stato invece io a ri-trovare la variante di Trang. All’inizio ci si riferiva alle due come N. Viking Trang e N. Viking Phang Nga. Seguirono guerre civili sotto le bandiere “Sono la stessa cosa” e “Sono due cose diverse”. Io mi battei sotto la prima bandiera e nel 2010 descrissi la variante di Trang come N. mirabilis var. globosa, spiegando però che la variante di Phang Nga era la stessa cosa. A quel punto però seguirono anni di dubbi e notti insonni, causate – credeteci o no – da quegli inspiegabili 200 km di vuoto: “Queste piante sono imparentate con N. mirabilis, che cresce ogni 50 m, come fanno ad esserci 200 km di vuoto fra due varianti così peculiari? Le differenze fra le due forme sono poche e trascurabili, ma ci sono. Qual è il tassello che non vedo?”.
Il tassello, come la genetica sembra confermare sempre di più, è la convergenza evolutiva. Una linea genetica di N. mirabilis si è adattata al clima stagionale di Trang sviluppando la Viking locale, e la stessa o una diversa linea di N. mirabilis si è adattata al clima stagionale di Phang Nga sviluppando la Viking locale. Risultato: le due varianti sono simili ma distanti e non direttamente imparentate (ognuna è geneticamente più prossima alla forma di N. mirabilis locale), ergo devono essere separate. Così la variante di Trang resta N. mirabilis var. globosa, e nel 2018 descrivo la variante di Phang Nga come N. orbiculata. D’altronde, già dal 2004 ci si sorprendeva della somiglianza tra queste varianti thailandesi e N. rowaniae, figuratevi se non emerge confusione quando la convergenza evolutiva non è tra Australia e Thailandia ma tra due province thailandesi. In coltivazione queste piante vengono vendute – senza piena consapevolezza di quale sia il nome giusto – come N. Viking, N. globosa, N. mirabilis var. globosa e N. orbiculata. Se riuscite a farvi dire la location, potete ridare alla vostra pianta il nome corretto.
Specie pirofite continentali
Sia morfologicamente che geneticamente che geograficamente, ormai non ci sono dubbi, un gruppo di specie pirofite ha colonizzato la penisola thailandese e un gruppo ha colonizzato l’Indocina continentale. Questo per evitare che a confusione si aggiunga confusione e il solito botanico della domenica dica che N. suratensis (penisola) e N. bokorensis (Cambogia) sono la stessa specie. Anche le storie dei due gruppi sono diverse. Le specie del gruppo continentale sono state raccolte, preservate negli erbari e classificate sin dalla fine del 1800, non sono così “complicate”, la confusione è stata dovuta soprattutto a lavori superficiali. Le specie del gruppo peninsulare sono rimaste quasi del tutto sconosciute a erbari e botanici finché non mi ci sono invischiato io, e la confusione è dovuta al fatto che le stiamo scoprendo gradualmente solo ora e sono molto più “complicate”.
E’ necessario partire dal gruppo continentale, perché è lì che si trova N. thorelii (con UNA L!). Viene descritta nel 1909, ma quel nome ha così tanto successo che fino ai giorni nostri verrà appioppato a qualunque cosa venga dall’Indocina (tanto che un altro nome usato per raggruppare le pirofite è “N. thorelii aggregate”). Evito di menzionare le ulteriori guerre civili tra botanici e vi presento solo la situazione attuale per come la vedo io:
-N. bokorensis. Cresce solo sul Monte Bokor, in Cambogia, a circa 1000 m. Gli opercoli sono di solito a volta e il peristoma degli ascidi superiori è striato. E’ diversa dalle altre pirofite (potete farvene un’idea con le foto online) e in coltivazione, ad eccezione dell’errore di BE menzionato sopra, non è stata venduta con altri nomi. Non è facilissima da tenere, penso che possa soffrire il caldo e – rispetto alle altre pirofite – la bassa umidità, perché su Bokor il clima quasi non risente del monsone.
-N. smilesii. Ascidi di forma allungata, foglie e fusto pelosi. E’ diffusa con colonie isolate (di solito su tavolati) in tutta l’Indocina continentale, specialmente tra i 500 e i 1300 m. Praticamente tutte le piante in coltivazione vengono da Dalat (Vietnam) o Phu Kradung (Thailandia). Crescono bene se coltivate sia come lowland che come intermedie, ovviamente adorano il sole diretto, si adattano alla bassa umidità (è la specie pirofita che viene dagli habitat più asciutti) e vi basti sapere che su Phu Kradung sono state registrate minime notturne anche di 0°C. Le piante di Dalat furono erroneamente descritte come la nuova specie N. anamensis. Ai piedi del Monte Bokor ci sono colonie di N. smilesii introgresse con N. bokorensis (N. smilesi x bokorensis x smilesii x smilesii x…, etc). Queste piante furono erroneamente descritte come le nuove specie N. kampotiana e N. geoffrayi.
-N. thorelii. Ascidi tozzi, foglie e fusto glabri. Cresce in due aree costiere, a 0-500 m. Le piante in coltivazione vengono da Trat (Thailandia), Koh Kong (Cambogia) e Binh Chau (Vietnam). Molto bella e facile da coltivare come lowland: tanta luce, caldo e umidità (se bassa, la tollera). Dal 2007 al 2017 si era arrivati alla “salda” conclusione che questa specie glabra costiera fosse la pianta descritta come N. kampotiana, e i più ancora lo pensano. Io ho corretto l’errore sulla carta nel 2017 ma ho tenuto la voce bassa per fuggire al linciaggio. Va da sè che tutte le piante in coltivazione vengono ancora etichettate e vendute come N. kampotiana.
Nepenthes thorelii si è evoluta per colonizzare habitat più ostili su alcune montagne di Thailandia e Cambogia, diventando N. chang e N. holdenii (ci si chiede ancora se le due siano la stessa cosa), che comunque sono quasi assenti in coltivazione. In Vietnam c’è poi una pianta che è stata trovata nel 2011 nel parco di Lo Go-Xa Mat. Si è pensato che fosse N. thorelii, riscoperta dopo 100 anni, finché non è arrivato il qui presente guastafeste nel 2017 a dire, come sopra: “Quella che chiamiamo N. kampotiana è N. thorelii, ce l’abbiamo avuta sempre davanti agli occhi, la pianta di Lo Go-Xa Mat è nuova, e N. kampotiana è un sinonimo di N. smilesii, per quanto introgressa”. Così ho descritto la nuova arrivata come N. tayninhensis, che resta per lo più assente in coltivazione (fortunatamente è protetta da guardie armate come l’unica popolazione esistente del fossile vivente N. thorelii… dal loro punto di vista). Un interessante appunto sulla genetica: sembra che il gruppo continentale sia ben diviso in due, da un lato N. smilesii e da un lato tutte le altre.
Specie pirofite peninsulari
Penso di poter semplificare con una metafora. Immaginate di essere scienziati che devono classificare organismi su un altro pianeta. Trovate un omino blu, con due braccia e due gambe. Poi tanti altri. Poi un giorno un omino verde, due braccia, due gambe. Dopo dieci anni, vi rendete conto che sul pianeta ci sono cento colonie di omini blu e cento colonie di omini verdi. Stesse braccia e stesse gambe. Decidete di dividerli in due specie, qualcuno non è d’accordo e dice che sono la stessa specie, solo di colore diverso. Però è andata liscia. Andate su un pianeta attiguo. Trovate una prima colonia, con omini blu, gialli e verdi, con una, due e tre gambe. Trovate una seconda colonia, con omini blu, grigi e rossi, tutti con tre gambe. Poi un’altra colonia, con omini tutti rossi, e ogni individuo ha un numero diverso di gambe. Dopo due o tre colonie, per classificare cercate di attenervi a quello che avete imparato col primo pianeta. Ma dopo 50 colonie e lo stesso andazzo, andate ai matti. Alcuni scienziati descrivono ogni colonia come specie a sè, alcuni cercano ancora i migliori denominatori comuni (“separiamo le specie in base al colore”, “no, in base alle braccia”, “no, alle gambe”, etc) e alcuni dicono: “Ascolta, facciamo che c’è la specie Ominus e che è molto variabile”. Ecco, se questa metafora si adatta bene a buona parte della botanica in genere, è perfetta per descrivere il passaggio dallo studio delle specie continentali a quelle peninsulari. Potreste chiedere: “E il DNA?”. Il DNA dice solo che ci sono gruppi di esseri viventi separati ma vicini, se sei molto fortunato ti indirizza verso il giusto denominatore comune, ma la classificazione resta a te.
Così tra il 2010 e il 2022 sono state descritte, da me e da altri, N. andamana (Phang Nga), N. bracteosa (Nakhon Si Thammarat), N. hirtella (Krabi), N. kerrii (Satun), N. kongkandana (Songkhla), N. krabiensis (Krabi) e N. suratensis (Surat Thani). Resta non descritta N. sp. Langkawi (Langkawi). Ognuna di queste, come già spiegato, cresce in zone ben delimitate, quindi se avete una location siete a posto. Finora il DNA ha dato risposte utili ma non completamente esaustive. Tanto mi è bastato per sinonimizzare, nel 2019, almeno le specie descritte da me (per educazione, e per tenermi lontano dalle polemiche, non ho toccato le altre e non ho pubblicizzato l’articolo): ho messo N. andamana, N. suratensis e N. kongkandana sotto N. kerrii. Il messaggio tra le righe comunque è che finché non facciamo un salto di qualità con le analisi genetiche, queste specie non sono separabili, sono troppo variabili. Magari fra dieci anni la genetica ci dirà che metà di esse, ad esempio quelle con peli color argento, si è evoluta da N. sanguinea, e l’altra metà, con peli bianchi, si è evoluta da N. benstonei. Nessuno si era certo preoccupato di fare attenzione al colore dei peli! N. kerrii andrà allora divisa in due specie, è possibilissimo. Per ora non siamo in grado, stiamo facendo retroingegneria su una navicella aliena, è meglio accettare che ancora non siamo all’altezza, mettere la navicella in un bunker e aspettare tempi migliori.
Per quanto riguarda l’angolo del coltivatore… Fino al 2010 le pirofite peninsulari sono state vendute quasi solo dai vivaisti thailandesi, e quindi i nomi sul cartellino lasciavano a desiderare. Diciamo che si distinguono due gruppi di denominazione improvvisata:
-il gruppo N. thorelii, per cui tutte le specie peninsulari sono state chiamate N. thorelii + nome della provincia di provenienza. Nepenthes thorelii Surat per N. suratensis, etc. Ormai lo sapete, se avete la location…
-il gruppo Tiger. Perché il personaggio che negli anni ’90 raccoglieva Viking aveva bisogno anche di un nome per la pianta con gli ascidi coperti da strisce e puntini (N. andamana) che cresce vicino alle Viking, e così ha pensato a Tiger. Lui si riferiva solo a quella specifica zona geografica (Phang Nga), dove lui abita e dove Viking e Tiger crescono insieme. Come per il nome N. thorelii, il nome Tiger è stato però in seguito appioppato a tutte le pirofite thailandesi, abbinato con un po’ di fortuna al nome della provincia. Molto importante: a Phang Nga abbondano gli ibridi fra N. orbiculata, N. andamana e N. mirabilis. Questi ibridi furono messi in vendita in quegli anni col nome Giant Tiger, perché erano più grossi e vigorosi. Così il mercato ora è pieno di N. thorelii Tiger, N. Giant Tiger, N. Tiger andaman, N. Tiger Surat, etc.
Dopo un po’ di chiarezza riportata in tassonomia dal 2010 in poi, in una buona metà dei casi il corretto nome latino ha sostituito in coltivazione Tiger e “thorelii”. Certo che se le esigenze del mercato spingono un vivaista a incrociare la sua pianta di Phu Kradung con la sua pianta di Phang Nga, è ovvio che il risultato che arriva nelle vostre mani come N. Tiger x thorelii, N. kampotiana x smilesii o N. smilesii x Tiger potrebbe essere qualunque cosa. Chiedete le location! Le pirofite peninsulari, quasi sempre lowland o al massimo intermedie, sono facili da coltivare come le consorelle continentali, e la più facile di tutte è N. suratensis.
Ho lasciato per ultima in quest’elenco una specie pirofita peninsulare che ho descritto nel 2014: N. rosea. E’ quasi assente in coltivazione ed è abbastanza diversa da poter essere separata dal gruppo di N. kerrii. Una differenza su tutte è il fatto di avere una rosetta che cresce sullo scapo floreale, caratteristica unica nel genere Nepenthes. Il DNA per ora ci dice che N. rosea è più vicina a N. sanguinea e N. benstonei che alle altre pirofite. Potrebbe essersi evoluta a sè o potrebbe essere il progenitore di alcune pirofite peninsulari, ma torniamo al problema della navicella aliena.
Nota buffa: il mio libro Nepenthes della Thailandia è un diario di esplorazioni, scoperte e studi fatti tra il 2004 e il 2010. Se pure tra il 2010 e il 2020 ci sono stati stravolgimenti tali da scombussolare buona parte della disposizione tassonomica per come presentata nel libro, si tratta pur sempre di un diario e quindi il contenuto dei capitoli lo si può lasciare com’è. Sono i titoli e i nomi latini che andrebbero spostati a destra e a manca!
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ringrazio per questi articoli interessantissimi
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